Articolo dell'Unione Sarda del 02 dicembre 2011

Il vino tra le rose nella vigna vista mare - A Villasimius Cannonau e Vermentino DOC dell'architetto con la passione per la terra. 

di Lucio Salis dall'Unione Sarda del 02 dicembre 2011

Potenza delle radici. Gianluca Castangia, 28 anni, le ha ben piantate a Villasimius. Nonostante la laurea in Architettura a Venezia, i master a Barcellona, alla fine ha vinto l’attrazione fatale per il paese. Lì, 5 anni fa, ha creato Colline del vento, piccola azienda vitivinicola, la prima a imbottigliare il Vermentino (’Entu) e il Cannonau (Brennas) in quell’angolo di paradiso. Rigorosamente Doc, fronte mare. "Su binu bonu cun su ’entu ’e su mare" recita un verso nella home page del sito. La poesia è una costante in questo vignaiolo sensibile. Canta sentimenti d’amore e suggestioni di vino: "Come una foglia al vento la goccia di ’Entu danza leggiadra, gelide stelle restituisce la notte, una brezza magica fra i capelli che riecheggia antichi suoni delle launeddas". «Non è mia, ma di una ragazza. Restituisco ciò che non mi appartiene». Sospiro. Ci crede Gianluca. In quei figli delle colline, lui e il padre, Mario, hanno investito molto: passione, speranza, sempre coi piedi per terra. «Non ho i mezzi per aspirare all’eccellenza, ma sono sicuro di fare un buon vino». Per ora ci sono quei 5 ettari «coltivati come piace a me: anche una vigna può essere bella». Allora, 2 metri e mezzo fra un filare e l’altro; un metro da vite a vite, «produrrò meno, però le radici sono più libere». Per sostenere i vitigni, no ai pali in cemento, solo castagno, «tutta un’altra cosa, anche se costano il triplo». Non pronuncia mai la parola biologico, il viticoltore-architetto, poi scopri che non usa l’impianto di irrigazione; per combattere le malattie in vigna usa solo zolfo. E le rose. Le rose? «Sì, ho piantato tante "David Austin", in Francia sono indicatori biologici. Quando arrivano oidio e peronospora, le rose si ammalano per prime, così posso intervenire in tempo. E poi, sono bellissime». Riemerge l’architetto, quello che ha restaurato una villa mozzafiato a Santa
Caterina: mimetizzata nella macchia, piscina e giardino sul tetto. Si schermisce: «Sono soprattutto un urbanista. Con tesi su "L’uso della cultura come elemento catalizzatore nella pianificazione urbana». Gratta gratta, scopri che la filosofia dell’urbanista è orientata a un’organizzazione del territorio con agricoltura e ambiente in primo piano: «Credo che dobbiamo
puntare sulla valorizzazione e sull’uso delle risorse naturali, sino a sfiorare l’autarchia». Anche per questo non ha una cantina propria. Non si accontenta di un capannone, «sto studiando un ambiente in cui non si lavori solo l’uva, ma si possa accogliere la gente, farla partecipare alla vendemmia, metterla con contatto con gli animali. Insomma, non solo vino. Voglio vendere benessere». Nelle sue parole c’è l’eco di una cultura antica, appena sfiorata. Quella di nonno Natale (classe 1898) «persona straordinaria, agricoltore e allevatore.Anche lui faceva vino, in località Manunta, solo per la famiglia e gli amici.Avevamo una grande casa, al centro del paese, dove, all’aperto, si lavoravano le mandorle, e tutti partecipavano». Ricordi sfumati di bambino, sensazioni: «Di quei tempi mi è rimasto il sapore di una minestra di latte, pasta e ricotta, che al nonno piaceva tanto, e un suo cassetto con profumo di marsala». Suggestioni che lo guidano nel sognare "la sua" cantina, «ma per ora devo avere pazienza, come la voglio io costerebbe troppo». Oggi Gianluca lavora le uve dai fratelli Massidda, a Donori, che gli mettono a disposizione anche l’enologo, Piero Cella. Per la vendita, fa da sé, «ma non sono un buon commerciante. Non diventerò mai milionario». In paese lo stanno a guardare, «molti non pensano che io faccia sul serio». Lui non si scompone, ingoia bocconi amari: a Villasimius, su una cinquantina di ristoranti, appena una dozzina ha adottato ’Entu e Brennas. E solo quattro li "spingono" con convinzione. «Un ristoratore mi ha detto: "Sarò sincero: non posso perdere tempo nel presentare i tuoi vini. Preferisco roba già nota". Gli ho regalato le bottiglie e me ne sono andato». Non è l’unica delusione patita nel paese adorato. Anche l’architetto piange, quando vede certi orrori urbanistici: «Paghiamo le scelte sbagliate degli anni Ottanta. Ma non capisco i comuni vicini, come Castiadas, che avendo la fortuna di varare il Puc oggi, compiono i nostri stessi errori. Si preparano a ospitare cimiteri di case». No, meglio rifugiarsi nel vino, fra i vigneti di Brennas, a sognare la cantina bella, «il mio giocattolo». 

Addthis: